Intervista a Giulio Bonasera | TRAME_Trasmissioni di Memoria
Sei un illustratore e hai tenuto in passato workshop per studenti, quali sono state le difficoltà o differenze nel relazionarsi con gli anziani?
GB: Sinceramente non mi sono trovato di fronte a particolari difficoltà. Sebbene avessi a che fare con un tipo di progetto dal carattere decisamente sperimentale, sono riuscito ad intraprendere un percorso personale in maniera abbastanza naturale, in primo luogo grazie alla spontaneità dei partecipanti e, subito dopo, grazie all’aiuto ricevuto da parte di WALLS e degli psicologi NOEO. Ho, però, sicuramente avuto modo di notare alcune differenze sostanziali nell’avvicinarmi a dei partecipanti così diversi dai più canonici ragazzi, con lo scopo di gestire un’attività di laboratorio volta ad instaurare una dinamica di scambio proficuo per tutti, me compreso, andando dalla mia particolare esigenza di trovare, nei loro racconti ed esperienze, degli spunti di riflessione ed espressione, alla loro voglia di partecipare in modalità attiva ad un processo creativo che ponesse alla propria base le loro individualità. Genericamente tendiamo ad avere con gli anziani un rapporto particolare. Considerandoli come “maestri” in quanto depositari di una serie di nozioni ed esperienze, in generale di una cultura dalla quale attingere per trarne degli insegnamenti, non è stato per me così automatico calarmi nelle vesti dell’insegnante avendo davanti una così insolita, in questo contesto, categoria di persone: inizialmente gran parte del lavoro ha preso forma nel cercare di ritrovare, durante i primi incontri condivisi con gli psicologi NOEO, una dinamica colloquiale che, nei discorsi intrapresi di volta in volta, riuscisse a portare alla luce la capacità degli anziani di considerare le proprie esperienze e percezioni più o meno intime-personali o collettive non solo come delle testimonianze di un passato da ricordare, ma come risorse che potessero essere motore costitutivo di prospettive future e quindi, nel nostro caso, produrre immagini capaci di poter essere significative, non esauribili nella sola ottica di recupero storiografico della memoria urbana di un quartiere-territorio piuttosto che un altro. La più grande differenza tra un giovane ed un’anziano, nei termini specifici del pensare per immagini, è sicuramente riscontrabile proprio nella differenza del punto di vista da cui guarda alla vita: se da un lato si ha una prospettiva propositiva, dall’altro ne consegue una più riflessiva, ordinata. La prima parte del percorso è forse stata principalmente quella di far ritrovare a questi particolarissimi alunni quel senso di propensione verso una prospettiva futuribile della quale, a volte, ci si dimentica con il passare degli anni.
Attraverso l’illustrazione rendi una visione ed interpretazione dettata dalla tua sensibilità. Per il progetto Trame hai dovuto tener conto anche degli input emersi dai focus sugli anziani svolti dagli psicologi NOEO. Come hai vissuto questa interazione?
GB: Il lavoro di NOEO è stato un importantissimo punto di contatto tra i risultati dei nostri incontri, ovvero la moltitudine di storie ed osservazioni scaturite dai colloqui iniziali, e tutta l’attività laboratoriale che ha caratterizzato la seconda parte del nostro percorso. L’inizialeattività di mediazione del confronto con gli anziani e la successiva interpretazione dei dati rilevati in questo contesto, ha infatti prodotto in termini concreti una serie di insiemi concettuali aventi alla base un numero variabile di parole più o meno ricorrenti, condivise e presenti nella maggioranza dei racconti di ciascun partecipante e quindi capaci di delineare una struttura analitica ben precisa del quadro emozionale, più vago ed empirico, che avevamo di fronte. In questo senso l’Analisi Emozionale del Testo, ovvero il metodo di ricerca adottato dagli psicologi ha svolto sul mio lavoro il fondamentale ruolo di scrematura di tutta una serie di ragionamenti possibili in un contesto così complesso quale San Basilio e la sua storia, a favore di altri incentrati necessariamente sulle narrazioni degli anziani. Da qui è nata l’idea condivisa di interpretare e costruire insieme agli anziani una serie di tre immagini incentrate sui temi del passato, del presente e del futuro del quartiere, delle quali sia io che loro potessimo essere gli effettivi autori, ma soprattutto delle quali potessero avere una percezione completa ed esaustiva, allo scopo di creare dei lavori che a loro volta funzionassero da veicoli utili ad amplificare voci, pensieri, racconti e punti di vista spesso e volentieri tenuti nascosti dai ritmi della quotidianità urbana. In questo senso ci è sembrata funzionale l’idea di utilizzare i codici QR, legati idealmente ad un presente proprio delle nuove generazioni, come mezzo grafico di comunicazione pubblica.
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